Italiani in Svezia nei secoli: Carlo Maurilio Lerici

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CARLO MAURILIO LERICI (Verona 16.5.1890* – Roma 12.8.1981**). Ingegnere e industriale. Si laurea in ingegneria nel 1913 presso il Politecnico di Torino e, dal 1920 al 1955, si dedica ad attività industriali e commerciali nel campo degli acciai speciali e inossidabili.

Per raccontare Lerici in Italia e in Svezia, riporto qui appresso quello che dichiarano nelle loro pubblicazioni, due scrittori, soprattutto Mario Nati, ma anche Giovanna Bagnasco Gianni:

“Ripercorro con la mente la storia dell’Istituto Italiano di Cultura legata alla vita dell’Ingegner Carlo Maurilio Lerici, uno di quei mecenati che hanno illustrato il mondo industriale italiano nell’ultimo dopoguerra! Lavoratore infaticabile, facile ai contatti umani e alle pubbliche relazioni, attento e provvido organizzatore, arriva in Svezia negli anni trenta per estendere anche qui la produzione e la distribuzione di acciai inossidabili. Amico di personalità di primo piano, dal Re Gustavo Adolfo III di Svezia all’archeologo Axel Boëthius, da Giuseppe Ungaretti a Gio Ponti a Pier Luigi Nervi, promuove iniziative di larga fama come le prospezioni archeologiche e le fondazioni che portano il suo nome.

L’Ingegner Lerici, industriale nel campo degli acciai speciali, di cui è importatore, particolarmente dalla Svezia, già prima della seconda guerra mondiale viene a contatto con i metodi della prospezione geofisica proprio nel paese scandinavo. Pensando, allora, all’interesse che può avere lo sviluppo di questa tecnologia anche in Italia, acquista alcuni strumenti fabbricati in Svezia e li importa nel suo paese.

Nel quadro degli accordi bilaterali, risalenti alla seconda metà degli anni Trenta, fra lo Stato Italiano e quello svedese per la donazione di appezzamenti di terreno da destinare a istituti culturali, viene individuata un’area dentro la città di Stoccolma, nel quartiere di Gärdet. Il progetto della nuova sede viene firmato da Gio Ponti in collaborazione con Pier Luigi Nervi, Ferruccio Rossetti e donato a Carlo Maurilio Lerici, che si assume l’onere di sostenere la maggior parte delle spese. La sede viene inaugurata, alla presenza del Re di Svezia Gustavo VI Adolfo, il 24 novembre del 1958.

Nei primissimi anni del secondo dopoguerra, Lerici è il fautore della trasformazione del Centro di Prospezioni Geominerarie del Politecnico di Milano in Istituto di Geofisica Applicata, che sta diventando uno dei più avanzati centri italiani per le ricerche minerarie, sugli idrocarburi, sulle acque e i sui gas. Parallelamente, nel segno di un interesse da sempre accesissimo per le discipline umanistiche, il 5 marzo 1947, istituisce la Fondazione Lerici presso il Politecnico di Milano, sostituendo il Centro di Prospezioni Geominerarie, per operare unicamente nel campo delle ricerche archeologiche.

Tra le campagne effettuate dalla Fondazione si possono ricordare, nel periodo tra il 1948 e il 1963 le prospezioni a contratto per conto dell’Agip SpA in Italia e quelle in Libia.

Introduce in Italia tecniche non invasive di ricerca archeologica, a partire dal 1956 quando decide di condurre una campagna di rilevamento a Tarquinia e Cerveteri.

Nel 1959, stabilitosi a Milano in Piazza Leonardo da Vinci n. 32, continua a seguire la sua fondazione, anche se cede la presidenza, assumendo l’incarico di vicepresidente.

In Svezia, come ho già accennato sopra, tra le sue iniziative, c’è l’Istituto Italiano di Cultura da lui organizzato nel 1941, per conto dell’Ambasciata Italiana, in un locale di Linnégatan a Stoccolma. È questa la data di nascita dell’istituto, che già da allora prende il nome di “C. M. Lerici”. Ma nel dopoguerra l’intraprendente ingegnere veronese fa costruire, a sue spese, un nuovo edificio mettendolo a disposizione dello Stato Italiano. Nasce così l’attuale Istituto Italiano di Cultura su un terreno ceduto dal governo svedese a quello italiano, in un quartiere signorile, dove già sono sorte ambasciate straniere; di fronte all’ampia distesa del Gärdet orlata di betulle e di conifere. Questo progetto è dell’Architetto Gio Ponti e, in parte, dell’Architetto Pier Luigi Nervi; la realizzazione viene affidata all’Architetto Ture Vennerholm, svedese. I lavori dureranno quattordici mesi, dal 1956 al 1958. Queste notizie storiche, sopra riportate, sono tratte dalla relazione annuale da me, Mario Nati, scritta nel 1982 e sono riportate, in parte, in un opuscolo pubblicato nel 1983 in occasione del 25° anniversario dell’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma. A metà degli anni Cinquanta, poi, dal sodalizio tra l’allora Soprintendente Renato Bartoccini e l’Ingegnere Carlo Maurilio Lerici, si mette mano, tra i numerosi ed innovativi progetti, al restauro del reperto etrusco detto ‘Sarcofago degli Sposi’. Non è, per l’industriale del ferro, il cattivo stato di conservazione a spingerlo a finanziare l’iniziativa, quale sponsor ante litteram, ma l’enorme fascino che da subito il capolavoro esercita su di lui”.

Infatti l’ingegnere scriverà: «Un giorno mentre sono in vista al Museo Nazionale di Villa Giulia a Roma ed osservo il famoso gruppo degli Sposi di Caere che mi sembra riflettere, nella serenità delle figure, l’immagine della mia stessa vita familiare, tanto che decido di farne una riproduzione in bronzo da collocare nella tomba di famiglia nel Cimitero di Torino, vengo attratto da un quadro alla parete che riproduce la sezione di una tomba etrusca di una necropoli dell’Etruria Meridionale…. E mi suggerisce l’idea di sperimentare, nella ricerca di formazioni etrusche ancora sepolte, gli stessi metodi che con notevole successo sono applicati dal Centro di Milano».

Non potendo, però, spostare l’originale, Lerici propone di trarre due copie, una delle quali a rappresentare l’Italia per l’Esposizione Mondiale di Montreal del 1967, la seconda, in cambio degli oneri affrontati, dovrà essere destinata alla tomba della sua famiglia a Torino. Quindi dice: “Propongo di avviare un dialogo tra l’arte etrusca e la tecnologia”.

Incontra e si innamora di una giovane donna, Lisa e qualche tempo dopo, la sposa.

Successivamente, a sue spese, costruisce all’EUR, nascente quartiere di Roma, una Casa di Riposo per anziani, intitolata a sua moglie Lisa Lerici.

Nel 1927 fonda a Milano la Casa Editrice “Lerici” con lo scopo di pubblicare per il suo Centro di Prospezioni Geominerarie.

Dal Centro di Prospezioni Geominerarie, il 3 marzo 1947, come già detto, scaturisce la Fondazione Lerici, per cui la Casa Editrice Lerici, nella sede di Roma in via Veneto, continua ad operare, ma questa volta pubblicando scritti sulle ricerche archeologiche, fino al 1967.

Nel 1956, suo nipote, Roberto Lerici, giovane fiorentino venticinquenne, autore teatrale e  scrittore, la rifonda a Milano con il suo contributo e con il sostegno economico di Aldo Rosselli, volgendola, questa volta, all’editoria letteraria. Fra i collaboratori più prestigiosi si ricordano: Angelo Maria Ripellino, Oreste Macrì, Mario Luzi, Walter Pedullà. La Fondazione, intanto, dal 1956 al 1963, pubblica la “Rivista di Geofisica Applicata”.

Nel 1960, egli stesso pubblica con questa nuova casa editrice gestita egregiamente dal nipote Roberto, “Alla scoperta delle civiltà sepolte. I nuovi metodi di prospezione archeologica” nel 1960 e “Italia sepolta” nel 1962.

Nel corso degli undici anni di vita la Editrice Lerici pubblica gli scritti di personaggi come Witold Gombrowicz, Fernando Pessoa, Ezra Pound, nonché di Carmelo Bene, Maurizio Calvesi, Vittorio Gassman, Dacia Maraini. La Casa Editrice Lerici verrà chiusa definitivamente nel 1967. Ma Carlo Maurilio Lerici nel 1975 pubblica ancora con l’Editore Celata Invenio, un altro suo libro dal titolo “Una vita meravigliosa nel regno delle vibrazioni. Alla ricerca delle civiltà sepolte”.

La Fondazione Lerici è una organizzazione italiana per la ricerca scientifica e per l’applicazione nel campo delle prospezioni geofisiche, attiva dal 1946 al 1968 presso il Politecnico di Milano, dal 1970 la sua sezione di prospezioni archeologici ha sede a Roma.

Nel 1970, in occasione dell’ottantesimo compleanno di Lerici, le sezioni di Stoccolma e Roma pubblicano una raccolta di saggi in suo onore sotto il Patrocinio del Re di Svezia e del Presidente della Repubblica Italiana. Dopo la morte del suo fondatore, nel 1981, la Fondazione Lerici continua a svolgere indagini geofisiche in tutte le regioni d’Italia e all’estero, grazie ad accordi culturali con diverse istituzioni straniere, agli interessi del Ministero degli Affari Esteri e del Consiglio Nazionale delle Ricerche, e alla cooperazione con l’UNESCO.

C. M. Lerici muore a Roma il 12 agosto 1981, ma la sua salma viene sepolta nella tomba di famiglia al Cimitero di Torino.

* Art. 1 – GAZZETTA UFFICIALE del 23.4.1959 – Repertorio n. 245.

**Sito Web: IN MIA MEMORIA.

FONTI:

Lucia Cavagnaro Vanoni, S. Ponzanelli, Scritti di archeologia ed arte in onore di Carlo Maurilio Lerici, Istituto Italiano di Cultura C. M. Lerici, Fondazione Lerici, 1970.

Mario Nati, Professori in feluca, Alfredo Guida Editore, Napoli 1994.

Giovanna Bagnasco Gianni, Carlo Maurilio Lerici. Vibrazioni tra acciaio svedese e terra etrusca, Polistampa, Firenze 2013.

Alberto Macchi
Photo: Istituto di cultura italiana a Stoccolma C.M.Lerici av Holger.Ellgaard – Eget arbete, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5017926