TRADIZIONI ITALIANE: Caffé in ginocchio

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Tutti conoscono quella meravigliosa soluzione tutta partenopea di far partecipe della proprio gioia un’estraneo meno fortunato.

Penso all’usanza del caffé sospeso che é stato poi esportata anche in altri luoghi in Italia ed all’estero e per altri prodotti. Per esempio abbiamo il cafe pendiente in Spagna e l’empanada pendiente in Argentina. E poi il libro sospeso o la pizza sospesa.

Ma chi conosce il caffè in ginocchio? Il ”caffè del ginoeucc” in milanese. Pochi, credo.

Nelle principali piazze come Piazza Duomo da cui partivano tutte le linee dei tram della città  o nei luoghi più frequentati, come la Stazione Centrale, all’inizio del novecento un ambulante, guidando il proprio carrettino, vendeva caffè ai passanti.

Due sono le possibili origini della denominazione «caffè del ginoeucc»: l’altezza del carretto del venditore di caffè, che arrivava appunto al ginocchio. Oppure il modo di bere quel caffè: accucciati a terra, servendosi delle ginocchia come appoggio per la tazzina e per l’eventuale michetta, il tradizionale pane milanese.

Il carretto del «caffè del ginoeucc» era un’antenato del chiosco. Giungeva all’alba al luogo dove usava sostare e vi restava fino a metà mattinata quando si allontanava per fare posto ad attività più remunerative come i carrettini per la vendita di gelati, di limonate o acqua gassata, di cocomero o noce di cocco. 

La bevanda servita, acida e bruciata, probabilmente maleodorante, sicuramente esausta non era esattamente un caffè di prima scelta: si trattava dei fondi del caffè servito nei bar di lusso della Galleria Vittorio Emanuele II o di altri luoghi del centro cittadino, locali storici come il Cova o il Savini.

Una sorta di riciclo in anticipo sui tempi.

Ma i clienti non vi facevano troppo caso perchè nei freddi e nebbiosi inverni padani ciò che importava era scaldarsi. E gli avventori del «caffè del ginoeucc» erano tutti cittadini della Milano notturna come ladruncoli e prostitute, oppure lavoratori che cominciavano le loro attività molto presto come ad esempio i vetturini che finivano o cominciavano il servizio, i muratori, i trafficanti poco raccomandabili pronti a cercare clienti arrivati in tramvia dal contado, i senzatetto. Gente che per pochi centesimi si riscaldava con la bevanda calda, a volte correggendola, se poteva permetterselo, con della grappa. L’igiene era poco; infatti poche tazzine per così tanti avventori non potevano essere lavate in continuitá e ci si limitava a sciacquarle in una bacinella d’acqua fredda.

Cosí descrive il carrettino Severino Pagani, nel suo affascinante libro sugli antichi mestieri milanesi Il Barbapedanna e altre figure e figurine della Milano di ieri: “un piccolo carretto a mano … sul quale era installata la grande, ampia caffettiera, e il caffè era confezionato e tenuto caldo su un capace braciere a carbonella; sullo stesso carretto, tutte intorno alla caffettiera erano ammassate le tazzine”. E ancora, “un palloncino di carta alla veneziana, con un mozzicone di candela, una piccola lampada all’acetilene, fissata ad un’antenna, illuminava la modesta scena, quando arrivavano i primi avventori di quella strana, traballante, improvvisata bottega”

Ed i clienti chiedevano: ”cinq ghej per il caffè semplice, dieci per il doppio, correzione su richiesta, spolverata di zucchero o aggiunta d’acqua calda, grati”s. 

Oggi tutto questo non c’è più, ma piazza Duomo é piena di altri tipi di ambulanti: dal cieco che vende i biglietti della lotteria, al cinese che scrive il nome in cinese con l’inchiostro di china, dal ritrattista di personaggi più o meno famosi, al rivenditore di borse e cd falsi, dalla bancarella con le bandiere delle squadre di calcio, all’artista di strada, dai venditori di cibo per i piccioni, fino al seccatore che fa di tutto per farti abbonare a quelle società che vendono libri per corrispondenza.

Massimo Apolloni

Bibliografia:

Severino Pagani, Il Barbapedanna e altre figure e figurine della Milano di ieri,1974, ed. Virgilio.

Foto: https://pixabay.com/it/photos/chicchi-di-caff%c3%a8-tazza-2258839/

Fonte: http://www.lombardiabeniculturali.it/fotografie/schede/IMM-3a130-0006124/