Oggi incontriamo Antonella Aulita e Giuseppe De Simone, fondatori e creatori di ITALIANITECH,
una pregevole iniziativa finalizzata a creare una rete di conoscenze tra italiani in Svezia, nell’ambito dell’IT.

Ma lo spiegano meglio loro!

Marilinda – Inizierei con una brevissima presentazione di chi siete per capire come siete arrivati a creare ItalianiTech.

Giuseppe – Io come professione faccio il consulente, il formatore, il coach, quindi mi occupo di leadership, management, ma anche di processi di sviluppo di nuovi prodotti, e ho sempre detto che ho due passioni: una per la tecnologia e una per le persone.

Quest’idea nasce anche da queste due passioni, ma soprattutto da una chiacchierata che avevamo fatto con Antonella un po’ di tempo fa. Lei era venuta a un mio corso.

Io ho sempre fatto molto volontariato in Italia. Da quando sono venuto in Svezia non ho avuto molte occasioni e avevo il desiderio di poter fare qualcosa di utile mettendo insieme persone appassionate di tecnologia che si potessero dare una mano.

M – Il tuo back ground è quello di ingegneria.

G – Sì, io sono ingegnere elettronico ed ho lavorato 18 anni in Ericsson prima di fare il consulente. Ho fatto diversi mestieri: lo sviluppatore software, il coordinatore tecnico, il product manager, il line manager, fino a cambiare un po’ la mia traiettoria professionale che dal 2009 ha fatto una certa inversione.

La vocazione che ho oggi di coach e consulente in qualche modo ha delle origini nella mia attitudine verso le persone (per molti anni ho fatto lo scout).

M – Sappi  che tu hai la fama del classico bravo ragazzo!

G – È la prima volta che me lo dicono, di solito mi dicono che non sono il classico ingegnere.

M – Tu sei in Svezia dal 2015, giusto?

G – In realtà dal 2013, nel 2014 mi ha raggiunto la famiglia. Nel 2016 mi era scaduto il contratto Ericsson in Svezia, per cui se non avessi lasciato sarei dovuto tornare in Italia.

M – Antonella, prego, se vuoi raccontarmi di te…

Antonella – Io parto un po’ dagli stessi presupposti di Giuseppe.

Vivo  a Stoccolma ormai da 25 anni e mi sono mossa in questo ambiente incontrando moltissime persone di varie nazionalità e soprattutto con diversi livelli di integrazione. Io stessa mi occupo di tecnologia e di persone, ma soprattutto di leadership.

Dal 2015 mi occupo anche di associazionismo, soprattutto per quanto riguarda le associazioni di Italiani in Svezia, e quello che mi ha colpito è il bisogno che c’è di informazioni, di orientamento nella società svedese e quindi cercavo un modo di aiutare le persone che vengono in Svezia, che si muovono in un ambito specifico, che conosciamo bene e dove possiamo creare una rete di supporto, di persone che possono condividere gli stessi interessi e che possono aiutarsi a vicenda.

In realtà “aiutare ad aiutarsi”, come si dice, una rete di self help, e soprattutto una rete che possa aiutare le persone a capire come muoversi in Svezia in ambito lavorativo, a capire la cultura svedese, che è un po’ diversa da quella italiana, e anche a capire come si può utilizzare una rete di conoscenze, che è una cosa molto svedese.

Le mie motivazioni sono le stesse di Giuseppe, anche se non vengo dallo stesso background tecnico, dal punto di vista della formazione universitaria, io lavoro nel mondo della tecnica ormai dal 1992, in genere però in ruoli come project manager, product manager o program manager e anch’io mi muovo nell’ambito dell’Agile dal 2014 circa.

Ho fatto un corso con Giuseppe, dove lui stato davvero fantastico nell’aiutarci a crescere.

Parlando, abbiamo convenuto che questo è l’ambito che conosciamo meglio e quello dove possiamo dare agli altri più supporto, dare accesso alla nostra rete di conoscenze e creare una nuova rete e cercare di aiutare, soprattutto, chi è nuovo in Svezia e vuole intraprendere una carriera nel mondo dell’IT o l’ha già intrapresa e magari non sa bene come muoversi, vorrei dire, soprattutto dal punto di vista dei valori culturali.

M – Quindi Italiani in Tech nasce come una rete di informazione per inserirsi nel mondo del lavoro tecnologico?

A – No, direi che nasce come un’iniziativa di scambio di informazioni tra le persone che vivono in Svezia e operano nell’ambito tecnologico e anche come una rete di supporto per chi vuole inserirsi in questo mondo.

G – La definirei una comunità di persone che condividono degli stessi interessi o anche delle stesse sfide, perché lavoriamo tutti nello stesso settore, e quindi l’obiettivo è quello di creare una rete più grande per imparare gli uni dagli altri e, soprattutto, come diceva Antonella, per i giovani.

Tra l’altro dobbiamo dire che i più giovani sono quelli che ci seguono di più, ci sono tantissimi ragazzi che io non conoscevo e che negli incontri che abbiamo fatto finora hanno sempre mostrato una grande gioia per l’iniziativa.

Vorrei aggiungere un’altra mia riflessione personale, non so se corrisponde alla realtà: ho l’impressione che noi italiani siamo sempre molto intraprendenti quando si tratta di incontrarsi per uscire a cena o per andare a divertirsi, mentre nella sfera professionale siamo un po’ più riservati, mettiamola così. Mi chiedevo perché fosse così, soprattutto in funzione del fatto che invece, qui in Svezia, è una prassi comune che se per esempio sei un dirigente d’azienda e hai un amico del liceo che fa un mestiere che ti serve lo chiami.

In questo non ci trovo niente di male, la fiducia è un aspetto importante.

Noi, forse perché abbiamo una specie di timore di essere additati o criticati da pregiudizi dovuti alla fama dell’Italia, cerchiamo di non farlo per evitare di sentirci criticare. Invece non c’è niente di male nel cercare di aiutarsi in maniera onesta e trasparente, soprattutto se dobbiamo colmare il gap dato dall’essere arrivati in Svezia da adulti senza la rete naturale di conoscenze e amicizie instaurate nell’età della formazione.

Allora ho pensato, perché non ce la costruiamo?

Questa era un po’ l’altra riflessione che ha dato forma a quest’idea.

A – Sì, concordo con Giuseppe, ho notato che gli italiani sono molto attenti alla loro professionalità, non sono così aperti nel supportare gli altri, mentre per gli svedesi il fatto di aiutare qualcuno che conoscono è parte della cultura che sviluppano fin da ragazzini. È fatto in maniera molto trasparente, non è una raccomandazione: è promuovere una persona in cui loro credono, perché poi sei responsabile in prima persona di chi promuovi, “ci metti la faccia”, per cui loro si impegnano con le persone in cui credono.

È anche un modo di crescere insieme, come dice Giuseppe, di creare una comunità. Io probabilmente una rete ce l’ho già, e anche Giuseppe, però chi ha una rete molto spesso ce l’ha al di fuori della comunità italiana, mentre noi abbiamo bisogno anche di una rete nella comunità italiana. È di questi giorni la notizia che per esempio la comunità polacca ha un meet up simile.

Quindi non è un’idea così originale: è presente anche da altre parti.

C’è bisogno di fare comunità, di sostenersi, ma anche di svilupparsi all’interno di quell’ambito di conoscenze che sono più vicine a te, come in questo caso il mondo della tecnologia, a cui puoi appartenere in molte funzioni.

Si cresce meglio quando si hanno interessi comuni.

M – Ho capito il fine, però mi sembra che gli incontri siano a tema, molto diversi fra di loro, o mi sbaglio?

G – Noi stiamo cercando, soprattutto nella prima fase, per capire quali sono le esigenze di tutti, di fare incontri su tematiche diverse. Soprattutto allo scopo di invogliare gli altri a partecipare. Io e Antonella non vogliamo essere i factotum, noi vogliamo dare spazio alle persone di presentarsi.

G – Questo è un aspetto. Un altro è che non vogliamo sottovalutare il networking, perché questi non sono corsi di formazione. Per noi l’argomento e la presentazione sono il pretesto per incontrarci. Una delle ultime volte abbiamo speso un’intera ora semplicemente per presentarci e raccontarci cosa facciamo. Questo è l’aspetto migliore, perché attraverso le connessioni e le relazioni si creano opportunità di crescita. L’argomento è semplicemente un pretesto per non preoccuparci di fare un incontro esclusivamente di networking.

A – Sono d’accordo con te, un pretesto e anche un’opportunità, perché le persone si prestano a presentare. Un po’ facendo conto di riuscire a coinvolgere gli altri in questo modo, lasciando le porte aperte a chiedere cosa interessa o chi ha interesse a condividere qualcosa che possa interessare agli altri, e in questo modo dare l’opportunità alle persone di connettersi e continuare discussioni parallele anche al di fuori di Italiani in Tech su questi argomenti. L’altra ragione, appunto, è l’occasione di offrire un motivo intorno a cui incontrarsi e creare questo mingle e queste relazioni che ci servono.

Però più che pretesto preferisco chiamarlo opportunità.

G – Sì, è un termine migliore, sono d’accordo.

La nostra speranza è che queste relazioni continuino al di fuori degli incontri.

A – Sì, altrimenti sarebbe un fallimento. Vorremmo dare la spinta alle relazioni interpersonali tra queste persone che vengono e cominciano a incontrarsi e parlarsi al di fuori di Italiani in Tech o vogliono anche collaborare con Italiani in Tech. Una cosa da formalizzare meglio è l’idea di creare un programma di mentorship per aiutare le persone a relazionarsi meglio con il loro ambiente. Ci sono persone che cercano riferimenti e noi vorremmo formalizzarlo, come un esperimento per invogliare gli altri a seguire questo tipo di relazione anche in maniera informale. Perciò vorremmo stimolare questo tipo di relazione.

G – Sì, questa è un’attività parallela agli incontri, sempre allo scopo di creare relazioni. Ci sono state alcune persone che si sono rese volontarie a fare da mentor su qualche argomento e altre che avrebbero voluto invece avere un mentor sullo stesso argomento. Al momento è solo un esperimento con poche persone.

M – Gli incontri sono gratuiti per tutti?

A – Sì, sono gratuiti per tutti, a volte però il numero è limitato perché il locale è limitato.

M – E aperto a tutti, indipendentemente dalla loro occupazione, compresi studenti?

A – Certo.

G – Abbiamo già studenti che partecipano, ovviamente studenti nell’ambito tecnologico. Però come diceva Antonella, se io mi occupo di finanza in un’azienda tecnologica posso essere comunque interessato. L’unico vincolo è che gli incontri li facciamo in italiano, quindi chi non parla italiano avrà difficoltà. Potranno esserci delle eccezioni e qualche incontro potrà essere in inglese, ma il senso è questo. Quindi l’unico vincolo è quello della lingua, ma ovviamente se qualche non italiano fosse interessato, sarebbe comunque il benvenuto.

M – Quindi gli incontri sono circa ogni tre mesi. Come fate a pubblicizzarli? È solo passaparola o ci sono meccanismi standardizzati?

A – Più che altro usiamo i social media che abbiamo a disposizione, Facebook e LinkedIn, e molto passaparola.

M – Avete una pagina Facebook Italiani in Tech?

G – No, abbiamo un gruppo LinkedIn, su Facebook facciamo ospitare gli annunci su gruppi preesistenti, come “Italiani a Stoccolma”, ad esempio.

Abbiamo fatto dei volantini via email e abbiamo fatto anche un annuncio in chiesa, essendo i primi incontri ospitati da un locale della parrocchia!

Grazie Antonella, grazie Giuseppe.

Foto di StartupStockPhotos da Pixabay
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