Ciao lettore, potresti per cortesia smettere subito di pensare “Oh no, un’altra storiella di Roberto”? Altrimenti la mia autostima scenderà assieme alla mia produttività e poi sarò costretto a essere cattivo verso di te nel mio prossimo racconto. Grazie! 🙂

Se vivi in un condominio in Svezia ti sarà sicuramente capitato di imbatterti in degli “arga lappar”, foglietti o post-it scritti frettolosamente a mano da un vicino di casa e appiccicati sul portone d’ingresso, nella lavanderia, in ascensore o addirittura sulla porta di casa tua. Il contenuto di solito non è così surreale come nell’incipit di questo pezzo ma può essere lo stesso molto fantasioso e bizzarro. Può variare da semplici richieste di smettere di fumare sul balcone perché poi il fumo finisce nell’areazione condominiale a vere e proprie minacce di spostare l’automobile dal vialetto oppure semplici offese che non richiedono alcun intervento perché per esempio qualcuno si è dimenticato di togliere dall’asciugatrice della lavanderia condominiale i propri vestiti.

Il tono del messaggio può essere cordiale, ironico o passivo-aggressivo con tanto di smiles per addolcire le velate minacce di morte, ma il più delle volte è diretto, brutale e sgarbato, compensando la mancanza di sorrisetti con un’abbondanza di punti esclamativi e segni della penna così marcati da bucare il foglio e far impallidire Mara Maionchi.

Le risposte spesso e soprattutto volentieri non tardano ad arrivare. Dai segni di bruciatura di sigaretta sulla carta a tracce di pneumatico volutamente esagerate lasciate sul cortile con tanto di fango sparato sulle pareti dei vicini oppure semplicemente con altri foglietti attaccati sotto i messaggi originali, altrettanto scortesi, cafoni e scontrosi, che spesso degenerano in catene di insulti a raffica tanto becere da far invidia alla sezione commenti di Facebook.

Molte volte non si limitano solo a banali liti tra vicini circoscritte al raggio d’azione che ogni condomino si concede tenendo ai piedi le ciabatte, ma anche a tutto il quartiere e, perché no se possibile, a tutta la città. In questo caso infatti entrano in gioco gli “insändare”, dei piccoli trafiletti che i cittadini possono mandare (ed eventualmente farsi pubblicare) ai giornali rionali, nei quali ci si può lamentare delle inciviltà cittadine di tutti i giorni, come le cacche dei cani non raccolte, l’immondizia fuori dai cestini, l’invasione di ratti e via dicendo. Questi potrebbero essere definiti come degli “arga lappar” 2.0, un’evoluzione che mira a raggiungere l’approvazione e la simpatia di un pubblico più vasto e garantire all’autore quel famoso quarto d’ora di notorietà (in realtà sono dei testi brevissimi che si leggono in meno di tre minuti). Queste note dettate dalla rabbia sono così radicate nella società svedese che qualcuno ci ha dedicato siti internet e libri per mostrarne esempi e farci qualche risata.

Ma perché gli svedesi lo fanno? Difficile dare una risposta generale senza cadere nello stereotipo, ma si potrebbe dire che spesso si tratta di una tendenza scandinava giallo-blu ad avere paura del confronto diretto con le altre persone. Inoltre, è umanamente più facile esprimere la frustrazione dietro l’anonimato e un foglio di carta o uno schermo del computer (ne sanno qualcosa i tanti leoni da tastiera sui social media) che dire le cose in faccia.

È dunque vero che gli svedesi evitano i conflitti verbali il più possibile oppure è solo un falso luogo comune come sostiene l’analisi di un questionario della Stockholms Kooperativa Bostadsförening, SKB (https://www.mynewsdesk.com/se/skb-org/pressreleases/den-arga-lappen-ett-undantag-3162044)? Parliamone a voce bevendoci un caffè al bar… hm, meglio di no. Scrivi se vuoi un commento qua sotto e poi magari ti rispondo.

Roberto Riva
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