Disturbi intestinali, un bicchiere d’acqua nella mano destra, due pillole di penicillina nella mano sinistra, una scatola di probiotici sul comodino e tanto mal di denti.

Come sono finito in questa invidiabile situazione?

Semplice. Bastano una tonnellata di stupidità e un pizzico di bugie.

Con stupidità si parla della mia, ovviamente. È vero che potrebbe essere considerato un effetto collaterale della pandemia. È vero che sarebbe potuto succedere lo stesso. Se però posticipi la visita di controllo dal dentista per tre anni di fila per paura che ti trovino qualcosa di brutto, ad esempio una carie gigante dalle sembianze mostruose che attacca i tuoi denti come in un orribile film dell’orrore di serie B degli anni ‘80, per poi ritrovarti con qualcosa di veramente brutto, ad esempio un cadavere in bocca (il mio molare) come in un’atroce verità di serie A degli anni 2020, allora tutto questo si può solo definire come stupidità. Chiunque ne converrebbe, ma non il me stesso degli ultimi anni che ha preferito fare il “maschio duro” e procrastinare tappandosi gli occhi nella speranza che tutti i malanni passino per intercessione divina. Non c’è da stupirsi che gli uomini muoiano prima… o quantomeno che si ritrovino a chiamare il dentista d’urgenza di domenica pomeriggio e farsi crivellare la mascella come in un film di Al Capone.

Passiamo ora alle bugie di questa storiella: qui si devono aprire due sottocategorie.

Prima tipologia o bugie davanti allo specchio: “I miei denti sono sani e non hanno mai avuto grossi problemi”; “È solo un po’ di febbre a 38 che sta scendendo, che sarà mai?”; “Sì, il linfonodo sotto la mascella si è gonfiato, ma se lo guardi da questa prospettiva sembra già meno infiammato”; “Al massimo peggiora, ma non è mai morto nessuno di sepsi… giusto? Giusto?”

Queste e altre simpatiche affermazioni mendaci sono classificabili come le bugie che ho raccontato a me stesso per non chiamare di nuovo il dentista dopo l’intervento d’urgenza. Sotto minaccia di mamma e moglie però ho dovuto richiamare la clinica e farmi dare un nuovo appuntamento.

Seconda tipologia o bugie sulla sedia reclinabile: “Ho avuto febbre a 40 per tre giorni”; “Faccio fatica ad aprire la bocca, a deglutire e a volte anche a respirare”; “Mi fanno male anche le orecchie”; “Il linfonodo è una palla da tennis”.

Queste sono invece le bugie che devo raccontare al medico svedese per farmi prescrivere gli antibiotici. Io pensavo che bastasse far affluire pensieri positivi e tanto, tanto supporto emotivo al mio sistema immunitario, magari con un bicchiere d’acqua e sale, per vincere le infezioni, ma a quanto pare non è sufficiente e servono anche gli antibiotici. In Svezia ottenerli è un’impresa ardua: sono infatti la terzultima nazione europea per uso di antibiotici e non hanno tutti i torti visto che mandati giù come acqua fresca portano allo sviluppo di resistenza di alcuni patogeni. Quindi in Svezia te li prescrivono solo se stai sul letto di morte e sei quasi spacciato. Si capisce subito che l’unica strada percorribile è quella della deprecabile ma essenziale esagerazione dei sintomi.

Eccomi qui quindi con le mie due pillole di antibiotici in mano. A guardarle meglio sembrano delle pepite d’oro del Klondike per la difficoltà che ho fatto per averle. Prima che il dentista ci ripensi e se le riprenda, metto in bocca le pastiglie e butto tutto giù con una bella sorsata d’acqua. Ora mi tocca cominciare con i fermenti lattici per compensare i danni alla flora batterica intestinale. Tutto questo mi lascia con un dubbio: antibiotici più probiotici mi trasformeranno in un batterio biotico?

Roberto Riva
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