In questo paese davvero cosi pieno di contrasti e diversità, il senso di “civiltà” è davvero evidente (poi ci saranno i soliti disfattisti che negheranno, ma io la percepisco cosi),soprattutto per chi, come me, arriva da un paese meraviglioso, ma gestito in modo sciagurato e con un approccio all’accoglienza a dir poco penoso.

Ebbene, in Svezia, se sei straniero e non parli lo svedese (oltre a permetterti di frequentare corsi di lingua svedese totalmente gratuiti), se hai la sfortuna di essere malato, lo Stato ti mette gratuitamente a disposizione un interprete nella tua lingua.

Il TOLK, appunto.

In genere riesco a barcamenarmi col mio inglese arruffato e il mio medico di base non ritiene necessario prenotare un tolk.

La difficoltà nasce  quando anche il mio interlocutore medico parla poco l’inglese (è incredibile come nel paese in cui più del 90% della popolazione parla inglese, il settore sanitario sia quello con meno anglofoni) e allora si che è un disastro!

Il primo incontro con un tolk è stato per una visita specialistica ortopedica, dove però il medico parlava un eccellente inglese e io ero accompagnata dal consorte (che con la lingua di Elisabetta non ha alcun problema).

Il medico ha letteralmente spedito a casa il tolk, un povero ragazzo che si era pure munito di valigetta! (non ho idea a cosa potesse servirgli, ma gli dava un’aria molto professionale).

E io mi sono sentita molto orgogliosa quando il medico ha giustificato il suo gesto dicendo “la signora parla un eccellente inglese” (e non l’ho neanche pagato!)

Successivamente l’esperienza del tolk è stata tragic-comica: la diabetologa che mi seguiva non parlava (secondo lei) un sufficiente inglese e ha deciso di prenotare un tolk in italiano.

Si è presentata una carampana buffissima: alta, magra, allampanata, i capelli raccolti alla bell’e meglio con fermagli vistosi e fiorellosi, ombretto azzurro intenso e rossetto rosa shocking, ma soprattutto un improbabile e approssimativo italiano, praticamente incomprensibile.

Sembrava la Fullin, il personaggio di Zelig, quella che insegna il tuscolano!

Comprendevo  meglio la diabetologa quando parlava in svedese, che non l’interprete.

E si era pure vantata di parlare anche francese e spagnolo!

(Ho poi pregato la dottoressa di non chiamarla mai più!)

Oggi. Sono in sala d’aspetto alla clinica del sonno per dare seguito al test che avevo fatto, e ho prenotato l’interprete, dato che avrebbero dovuto spiegarmi nel dettaglio l’uso dell’apparecchiatura che dovrò usare.

Sono nella saletta d’attesa con un tipo macilento (evidentemente svedese), una bella, bellissima ragazza mulatta e arriva una tizia di mezza età (cioè la mia,di età, sigh!), sciattissima, vestita come le questuanti nei parcheggi, capello grigio non troppo pulito con cerchietto in finta tartaruga, cappotto sformato in pseudo-lana spigata e dice ” Jag är tolk” (sono l’interprete).

Penso subito “oddio, questa è peggio della Fullin”!

Poi aggiunge “Jag är den serbo-kroatiska tolken”

Non ci vuole un genio per capire che è traduttrice di serbo croato!

Eccolalà: non solo ho un’interprete che sembra uscita da un libro di Dickens, ma hanno anche sbagliato la lingua! (sono Italiana, gente, la fiducia nel servizio pubblico non mi appartiene).

Arriva finalmente la nurse che si occuperà di me, e chiama il mio nome.
Io mi alzo e dico “sono io” e…la splendida “cioccolatte”, con un sorriso da fare invidia a Julia Roberts e un fisico da paura, con i suoi chignon da manga giapponese, si alza, allunga una mano affusolata e curatissima e, con uno splendido accento e una perfetta pronuncia dice “ciao, sono la tua interprete”.

GRAZIE Svezia!

Per i curiosi: lei, 20 anni in Italia, prima all’accademia di belle arti di Firenze e poi a scolpire il marmo.

Per i miei amici uomini: no, non lo so se è single!

Marilinda Landonio
Foto di Gerd Altmann da Pixabay