ALESSANDRO BICHI (Siena 22.10.1664 – Siena 10.4.1723). Patrizio e Cavaliere Gerosolimitano.

Assiduo viaggiatore, attento osservatore e abile scrittore di diari, oltre a visitare paesi del Centro e del Nord Europa, come fecero gli altri italiani, Raimondo Montecuccoli nel 1654, Francesco Negri nel 1663 e Lorenzo Magalotti nel 1674, anch’egli nel 1695 va ad esplorare dettagliatamente la Svezia.

Membro della celebre Famiglia Bichi che ha origini sin dal XIII secolo, Alessandro è figlio del Marchese Metello Bichi e ella Marchesa Vittoria Piccolomini. Suoi fratelli e sorelle sono: Galgano, primogenito nato nel 1662, Porzia che nascerà tre anni dopo di lui, nel 1667, Vincenzo, del 1668, Francesco del 1679 e Margherita, del 1679.

Trascorre l’infanzia a Siena nella casa paterna. Studia alla scuola del Collegio dei Gesuiti in San Vigilio, ma alla tenera età di 11 anni, insieme a suo fratello Galgano tredicenne, viene condotto a Roma per intraprendere gli studi dentro il Collegio Romano, prestigioso istituto gesuitico. Qui, entrambi, sono affidati alle cure di uno zio paterno, Monsignor Carlo Bichi. Istruito in diverse scienze e lingue, Alessandro, il 6 giugno 1681, all’età di diciassette anni, viene nominato Cavaliere dell’Ordine di Malta, per cui, il 22 luglio di quello stesso anno, deve raggiungere l’Isola di Malta. Qui, dopo essere stato presentato al Gran Maestro Fra’ Adrienne de Wignacourt, resta ospite alcuni mesi presso il Convento dei Cavalieri.

Tornato a Roma, riprende i suoi studi, che, però, dovrà subito interrompere a causa d’un viaggio a Siena per poter partecipare ai funerali di suo padre Metello. Una volta rientrato a Roma riprende, però, gli studi di astronomia, matematica e teologia, sostenendo anche delle dispute pubbliche.

Nel 1686 Alessandro s’ammala gravemente. Durante la convalescenza si trasferisce a Frascati presso lo zio Marchese Francesco Ruspoli. Tre anni più tardi, riacquistata a pieno la salute, torna a Siena per dedicarsi, insieme ai fratelli, agli esercizi cavallereschi.

Fra il 1695 e il 1697, in compagnia di suo zio Lorenzo Piccolomini d’Aragona e della di lui moglie, Anna Vittoria Kolowrat, si avventura in un viaggio che lo porterà in Austria, in Germania e in Polonia. Da qui raggiunge la Boemia per proseguire verso nord, superando la Danimarca, fino ad approdare in Svezia.

Il resoconto di questa parte del viaggio che lo porta in Svezia, si apre con la seguente sua dichiarazione: “Trovato in Danzica imbarco per Stocholm, si risolse fare il viaggio di Svetia poco praticato dall’italiani per restar esso informato ocularmente di quelle remote parti del Nort”.

Quindi prosegue descrivendo, oltre gli aspetti pratici e logistici del viaggio, anche quelli relativi alla società e ai costumi di quel paese. Al suo arrivo a Stoccolma, ad esempio, resta fortemente sorpreso quando scopre che l’imbarcazione che lo ha portato nella capitale svedese, era guidata da due donne. Il manoscritto, peraltro, è ampiamente corredato da disegni di supporto al racconto. Infatti sono qui illustrate ad inchiostro: macchine, edifici; ogni cosa, insomma, che abbia suscitato, in qualche modo, il suo interesse.

A Stoccolma è Bengt Oxenstierna ad organizzare per Bichi una visita alla Corte del Re di Svezia. Alessandro, in tale occasione, riporta: “Per scala segreta in anticamera dove era un semplice gentilhuomo di camera, il quale sentendo il re nelle stanze contigue entrò, e fattoli sapere che io ero in anticamera, subbito mi fece passare. Era Re Carlo XI in piedi in una piccola stanza con il cappello sotto il braccio vestito con giustacore, e spada, perucca legata con un nastro. Fatte le mie tre riverenze, mi accostai a Sua Maestà con ginocchio a terra mi diede subbito a baciar la mano destra. Feci di poi il mio complimento, et esso cortesemente mi replicò, che godeva in vedere un forastiero di sì lontano paese, e mi domandò, se mi sarei trattenuto molto tempo in Svetia, et altro, a che, et a tutto dandoli opportuna risposta, mi diede poi a baciare di nuovo la mano, et io facendo di nuovo le dovute tre riverenze partii.”. Il dialogo avviene in tedesco e Bichi nota immediatamente il debole udito del re, che più avanti, descriverà come: “Un Monarca abile e particolarmente esperto nell’arte della guerra ma sotto molti aspetti eccentrico e dedito alli raggiri. Di costumi alquanto rozzi, in quanto si veste modestamente e prende il cibo trivialmente con le mani”.

Nei suoi appunti, riporta ancora: “Si vedono in Stocholm certi animali detti reentier, in latino rangiferi, che sono alti come tra il cervo et il capriolo, la testa però è della similitudine di bove. Hanno il pelo come il capriolo e dell’istesso colore. Le unghie l’hanno biforcate pure come i caprioli ma più larghe e più stiacciate, la punta però è un poco rivoltata all’infuora. Vi sono condotti in Stocholm per rarità, poiché vengono di Lapponia, dove servono di cavallo per tirare carretti e slitte, di bove tirando l’aratro per seminare, per far butirro e cacio, e per carne per mangiare. E per suolo tirano carretti e slitte nell’inverno, e con una semplice frusta e corda al collo li gridano. Trottano e corrono, e fanno più camino di un cavallo, poiché arrivano a fare 15 sino a 18 leghe il giorno. Hanno le corna come i cervi, ma però sono più piatte e larghe. Le gettano a’ principio di maggio et a San Michele casca quel pelo e pelle che li ricopre, come succede alli cervi. Ne viddi uno che andava per la città guidato da un lappone”.

I Lapponi, descritti dal Bichi, sono creature prive di ragione e senza talento: “Piccoli di statura con testa grossa e fronte larga, con l’occhi distanti, in che si assomigliano alli tartari. Non hanno città ma vivono alla campagna in tende o nelle case di legno”.

Scrive poi: “Gli svedesi bevono birra, consumano carne, formaggio e non mangiano pane, ma, al suo posto, pesce asciugato e secco al sole o vento che si dice stoccofisc, che è come legno stopposo”.  

E racconta: “Qui ad Elsemburg mi fo sottoscrivere il passaporto fatto a Stocholm, ove è anco la gabella, onde riconoscono le robbe che si conduce. Qui si pigliano barche che traghettano il Sund”.

Il viaggio in Svezia si conclude il 19 agosto 1696, quando Alessandro prende il battello per Elsinore in Danimarca.

Una volta tornato in Italia dal grande viaggio in Svezia nel 1697, lo aspettano tempi duri, a cominciare da un terremoto che ha appena distrutto alcune parti di Palazzo Bichi e che quindi lo costringe a trasferirsi a vivere nella sua Tenuta di Bagnaia.

Negli anni 1698-99 si applica ad alcuni progetti letterari, come alla stampa della vita della Beata Margherita Bichi, sua antenata e a “distendere una relatione de’ suoi viaggi, et a mettere in pulito l’albero della fameglia”.,

Nel 1704, Alessandro si trova a beneficiare d’una cospicua eredità, ma per averne diritto, deve assumere il cognome Ruspoli, dal momento che chi s’è estinto è il Conte Francesco Marescotti Ruspoli, appunto un Ruspoli, benestante, privo di prole, marito di sua nipote Girolama, figlia di suo fratello Galgano, la quale, da legittima erede, ha rinunciato a tanta ricchezza per devolverla, appunto, in favore di Alessandro, suo zio.

In seguito ad un tale evento fortunato, egli decide di mettere su famiglia, così si lega ad una graziosa fanciulla di nome Virginia, figlia del Cav. Fedro Bandini-Bardi fin quando la sposa il 19 giugno 1718, presso la Cappella Linari, nella villa fuori Siena.

Nel biennio 1718 e 1719 che segue il suo matrimonio, Alessandro e la giovane sposa si trasferiscono a Roma.

Il 15 novembre del 1718, suo fratello viene trovato nel suo letto, misteriosamente esanime. Alessandro allora si trova a doverlo sostituire nei suoi obblighi in casa, fino a quando, all’età di 59 anni, dopo lunghe e atroci sofferenze, egli si spegne a Siena per un “Acerbissiale alla spina dorsale”.

Viene sepolto nella tomba di famiglia, dentro una Cappella nella Chiesa di Sant’Agostino.

Fonti:

Alessandro Bichi, Il Viaggio in Svezia (1696), edizione critica e introduzione a cura di Anu Raunio, Turku 2015 [Quaderni di Settentrione, 4 – Pubblicazioni di lingua e cultura italiana, 23]; Cav. Fra Alessandro Bichi, Berlino e la sua Corte nell’anno 1696, [in:] “Rassegna Nazionale”, Ufizio del Periodico, Firenze 1888, vol 39, anno X.

Alberto Macchi

Photo by: Mats Halldin 21:01, 12 January 2008 (UTC) – [1], slightly cropped., Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3378639