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Nuovo no al Mes e rinvio Pnrr, la partita (forse incrociata) di Meloni in Ue

Roma, 13 mag. (askanews) – L’Italia ribadisce che non c’è una maggioranza parlamentare per ratificare il Mes. Allo stesso tempo torna a chiedere la proroga dell’attuazione del Pnrr oltre il 2026. Due dossier tecnicamente slegati ma che nella pratica potrebbero avere un collegamento.

Sul Mes, per l’ennesima volta, ieri nel corso dell’Eurogruppo è stato chiesto al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti se e quando l’Italia (unico Stato che ancora non l’ha fatto) approverà la riforma del Meccanismo europeo di stabilità. Altrimenti, ha avvertito il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe, “i fondi che abbiamo a disposizione per aiutarci a gestire le difficoltà bancarie non possono essere incrementati dai prestiti concessi dal Mes”. Tutto vero, ma non ci sono i numeri, ha replicato il titolare del Mef. E questo è stato del resto già certificato con il voto della Camera del 21 dicembre 2023 con cui fu respinta la ratifica del trattato. Da allora le posizioni non sono cambiate. Oggi per la Lega, addirittura, l’Italia dovrebbe chiedere indietro la quota versata al fondo. “Visto che si insiste a proporre questa modifica che la Lega non ratificherà mai – tuona Matteo Salvini – rispondiamo proponendo di liquidare la quota italiana per riprenderci i nostri quindici miliardi con cui potremmo abbassare le tasse, fare investimenti e aumentare le pensioni, lasciando liberi gli altri di fare quello che vogliono”.

Anche Fratelli d’Italia – con Marco Osnato – dice no alla ratifica di uno strumento “inadeguato” sia “come ‘assicurazione’ per gli stati membri in caso di crisi bancarie e ancor di più come strumento di sviluppo economico”. Per Forza Italia invece, spiega Antonio Tajani (un po’ a disagio per una posizione italiana ben diversa da quella del Ppe) la ratifica non è “una priorità” ma “non siamo contrari per principio” se vengono risolti i “dubbi sulla carenza di controlli”.

In questa situazione della maggioranza, Giorgia Meloni non spinge certo per l’approvazione del Meccanismo. Anzi. Più volte ha detto di ritenere lo strumento “inadeguato”, assicurando che l’Italia “non vi accederà mai finchè sarò al governo”. Del resto può contare sul fatto che nessuno può costringere l’Italia a ‘firmare’: il Mes è uno strumento intergovernativo che richiede l’unanimità e dunque la pressione su Roma può limitarsi alla moral suasion, al limite paventando un danno reputazionale o qualche conseguenza su altre partite. Al contrario, tenere aperta la questione potrebbe servire per usare il Mes come mezzo di pressione o moneta di ‘scambio’. Ad esempio – ipotizzano alcune fonti – per una proroga oltre il 2026 per l’attuazione del Pnrr, su cui l’Italia è in ritardo. Bisogna ricordare che proprio utilizzando l’argomento della logica “a pacchetto”, a fine 2023, Meloni aveva usato il Mes come leva nella trattativa per il nuovo Patto di stabilità. Poi, in realtà, approvato il Patto, non era arrivato il via libera al Meccanismo di stabilità. In qualche modo quella strategia potrebbe essere replicata.

Proprio oggi, il commissario Raffele Fitto ha ammesso che per l’attuazione dei Pnrr nazionali “resta ancora molto da fare nel tempo che ci rimane”. Poco dopo Giorgetti ha detto di accogliere “con favore” la proposta Safe della Commissione per il rafforzamento dell’industria europea della difesa chiedendo di valutare però, invece dell’attivazione di prestiti, “l’esplorazione di ulteriori opzioni, tra cui l’utilizzo di fondi del settore privato e la possibilità di estendere il dispositivo per la ripresa e la resilienza oltre il 2026, per aumentare il margine di bilancio a disposizione degli Stati membri per rispondere all’esigenza di aumentare la spesa per la difesa”. Una richiesta, quella della proroga, non nuova e che finora non ha trovato sponde. Ma il governo, alle prese con i conti, non demorde.