Roma, 12 mag. (askanews) – Alla riunione dell’Eurogruppo di oggi, a Bruxelles, diversi tra i ministri intervenuti hanno sottolineato l’importanza del ruolo nel Mes, il “Fondo salva-Stati”, nell’assicurare stabilità finanziaria, rilevando che il fatto che l’Italia non ne abbia ancora ratificato la riforma impedisce allo stesso Mes di mobilitare le sue risorse, nell’ipotesi di una crisi bancaria, accanto a quelle del Fondo di risoluzione unico Ue. Lo ha spiegato il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, rispondendo a una domanda su questi argomenti al termine della riunione di oggi.
A questi incontri il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti “dà sempre contributi rilevanti, e oggi – ha detto Donohoe – ci ha ricordato ancora una volta delle difficoltà notevoli sulla ratifica della riforma del trattato del Mes nel Parlamento italiano. Lo rispettiamo e lo capiamo, diversi governi hanno sfide politiche rispetto alle decisioni che devono chiedere ai loro Parlamenti”. (Quest’ultimo riferimento potrebbe essere alla Francia).
Sempre oggi “da parte di vari intervenuti all’Eurogruppo c’è stato un appoggio molto forte sull’importanza del Mes e sul ruolo che gioca nella nostra stabilità economica. Se la riforma del Mes non è ratificata da tutti i parlamenti – ha detto ancora l’esponente irlandese – quello che significa è che l’ammontare di fondi che il Mes sarà in grado di dispiegare nell’eventualità di una crisi finanziaria sarà più ridotto di quello che sarebbe altrimenti. Significa che i fondi che abbiamo, che ci aiutano per intervenire su una crisi, non potranno essere rafforzati dal Mes, e che il Mes non potrà giocare un ruolo in caso di difficoltà finanziarie di una banca. Questo è il rischio, e il rischio diventa più grande se il trattato non è ratificato. E quello che dobbiamo fare è continuare a lavorare con Giorgetti”, per la ratifica, perché “i rischi che abbiamo delineato sono reali”, ha concluso Donohoe.
Per parte sua, il direttore del Mes, il lussemburghese Pierre Gramegna ha specificato che il Fondo unico di risoluzione Ue per le crisi bancarie “ha accumulato 80 miliardi. Noi al Mes abbiamo 68 miliardi di salvaguardia addizionale. Questi 68 miliardi non possono essere mobilitati” accanto a quelli del fondo Ue in caso di una crisi bancaria “se l’Italia non ratifica” la riforma.
“Però solo una precisazione – ha aggiunto Gramegna -: non è che, siccome questa riforma del Trattato non è ora pienamente ratificata, il Mes non può agire. Abbiamo il Trattato istitutivo in vigore e abbiamo tutti i nostri strumenti finanziari pronti all’uso. E discuteremo il mese prossimo, con i nostri membri, per vedere se e come questi strumenti, questo armamentario possa essere modernizzato, per assicurare che sia adatto al tipo di crisi che fronteggiamo ora”.
Alla riunione di oggi, il Comitato di risoluzione unico (Single resolution board) dell’Unione europea, responsabile degli eventuali interventi di risoluzione di banche Ue in crisi, ha presentato un documento in cui esorta a ratificare la riforma del Mes. “Tutti i Paesi – si legge – dovrebbero ratificare con urgenza la revisione del trattato Mes per istituire il sostegno comune del Meccanismo al Fondo di risoluzione unico”. Secondo il Srb “avere fonti di finanziamento adeguate in caso di crisi è più importante che mai in questi tempi volatili”.
Quella di oggi è solo l’ennesima riunione dei ministri dell’Eurogruppo o dell’Ecofin in cui viene sollevata, solitamente dalla stampa italiana, la questione della mancata ratifica del Mes. Quello che quasi sempre manca in questa azione martellante sul tema è ricordare quali fossero le motivazioni per cui l’Italia ai tempi ormai lontani delle trattative – era il 2018-2019 – frenasse su diversi aspetti tecnici della riforma del Mes. Punti su cui invece spingeva la Germania, che riuscì ad avere la meglio.
Tra questi in particolare le famigerate clausole “Cacs” (“clausole di azione collettiva”), che creano una semplificazione dei meccanismi di ristrutturazione dei debiti pubblici e in questo modo, indirettamente, possono penalizzare le emissioni di titoli di Stato da parte di Paesi che, come l’Italia appunto, hanno livelli di debito più elevati.
Gli accordi sulla riforma del Mes risalgono al 2019. Vennero allora sottoscritti per conto del governo dall’allora ministro dell’Economia, oggi sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, con forti contrarietà da parte di diversi partiti allora all’opposizione. Le ratifiche dei Parlamenti nazionali erano attese nel 2020, il fatto che cinque anni dopo ancora se ne stia discutendo fa pensare che coloro che all’epoca si opponevano non abbiamo dimenticato i motivi delle loro contrarietà. (fonte immagine: European Union).