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Afragola, Una Nessuna Centomila: “A scuola fare educazione affettiva”

Roma, 28 mag. (askanews) – Un altro femminicidio, questa volta di una quattordicenne, Martina Carbonaro. Così la vicepresidente della Fondazione Una Nessuna Centomila, Celeste Costantino: “Siamo di fronte all’ennesimo femminicidio di una giovanissima ragazza, uccisa perché ha posto fine ad una relazione che non voleva più: Martina Carbonaro. Martina è stata uccisa proprio qualche ora fa, il suo ex fidanzato ha confessato di averla uccisa, anche in maniera brutale, in quanto non si rassegnava alla fine della relazione. Impressiona come femminicidio, ma impressiona ancora di più per l’età della ragazza, 14 anni, perché ci pone davanti a delle questioni enormi legate alla prevenzione della violenza sulle donne: come riuscire a non arrivare a queste uccisioni e provare a prevenire con degli strumenti efficaci la violenza sulle donne. Non c’è un’unica soluzione davanti a problematiche così complesse, è impensabile credere che ci possa essere un’unica risposta per riuscire a fermare questo stillicidio. Quello che si può fare è cercare di mettere a sistema, così come è la violenza sulle donne – che si presenta come un fenomeno sistemico – tutta una serie di strumenti, di azioni che possono servire a prevenire e contrastare questi fenomeni. Con la Fondazione Una Nessuna Centomila abbiamo provato a sistematizzare una serie di strumenti, che vanno dal rafforzamento dei centri antiviolenza all’investimento sul cambiamento culturale, ma stiamo soprattutto provando a dare forza all’insegnamento dell’educazione sessuale-affettiva nelle scuole. Per noi questo è un punto fondamentale. Noi pensiamo che si debba aprire una riflessione importante in questo Paese proprio partendo dal domandarsi ‘che cos’è l’educazione affettiva’ da portare nelle classi. Se uno degli alibi della politica per non inserire l’educazione affettiva nelle scuole è stato interrogarsi su come e con chi dovesse essere inserita, la Fondazione Una Nessuna Centomila ha cercato in questo ultimo anno di dare una dimensione scientifica a questo sapere. L’abbiamo fatto attraverso un lavoro di ricerca con l’Università Bicocca per fornire una dimensione scientifica in qualche modo certificata da percorsi accademici obbligatori che si devono fare per formarsi ed entrare nelle scuole ad insegnare educazione all’affettività. Questo lavoro lo stiamo mettendo a disposizione della politica: quindi, non un richiamo stanco a fare educazione all’affettività in qualsiasi modo, non va bene ‘in qualsiasi modo’, non tutti sono abilitati a poterlo fare. Non dobbiamo nascondere la polvere sotto il tappeto, dobbiamo provare invece a rendere libera questa discussione, scevra da tabù, capace di fare i conti con quello che sta succedendo tra adolescenti e preadolescenti del nostro Paese. Se si arriva a forme di violenza così forti è perché tutto rimane nascosto, tutto è dentro un sottobosco che non ci consente di poter parlare con i nostri ragazzi e le nostre ragazze. Noi pensiamo che questo sia il primo passaggio da fare: uscire allo scoperto, smetterla di rendere questo dibattito come qualcosa solo per addetti ai lavori e che non consente invece una discussione libera, approfondita sul disagio che i ragazzi e le ragazze del nostro Paese vivono. I giovani sono attraversati dai fallimenti, dal desiderio del controllo, dalla gelosia e dal possesso che applicano su loro stessi e all’interno delle loro relazioni. Ecco, noi vorremmo partire da qui, consapevoli che non si esaurisce tutto all’interno di questo sapere ma che può essere la miccia per andare incontro a quelle che sono le grandi problematiche che attraversano oggi i nostri ragazzi e le nostre ragazze”.